Perchè vogliamo sempre di più?

Questa è una domanda che mi sono posto spesso, soprattutto in questi tempi di crisi economica, sociale e ambientale. Perchè non ci accontentiamo di quello che abbiamo, ma cerchiamo sempre di ottenere di più, a volte a scapito degli altri o del pianeta? Qual è la motivazione che ci spinge a desiderare sempre più soldi, più potere, più successo, più felicità?

La risposta non è semplice, e probabilmente dipende da molti fattori: la nostra personalità, la nostra cultura, la nostra storia, le nostre aspettative, i nostri bisogni. Forse è anche una questione di natura umana, di quella spinta evolutiva che ci ha permesso di sopravvivere e progredire come specie, ma che ora ci mette in pericolo di autodistruzione.

In questo articolo vorrei analizzare alcune possibili spiegazioni di questo fenomeno, e proporre alcune riflessioni su come potremmo cambiare il nostro modo di pensare e di agire, per vivere in modo più equo, sostenibile e soddisfacente.

Una possibile spiegazione è quella psicologica: vogliamo sempre di più perchè siamo insoddisfatti di quello che abbiamo, o perchè pensiamo che quello che abbiamo non sia abbastanza. Questo può essere dovuto a diversi motivi: confronto sociale, aspettative irrealistiche, frustrazione, insicurezza, paura. In questo caso, il desiderio di più è una forma di compensazione o di fuga dalla realtà, che però non risolve i problemi alla radice, ma li aggrava.

Un’altra possibile spiegazione è quella economica: vogliamo sempre di più perchè viviamo in un sistema che ci incentiva a consumare e a produrre sempre di più, per alimentare la crescita e il profitto. Questo sistema si basa sul presupposto che le risorse siano infinite e che il benessere sia direttamente proporzionale al reddito. In questo caso, il desiderio di più è una forma di adattamento o di conformismo al sistema dominante, che però non tiene conto dei limiti ecologici e delle disuguaglianze sociali.

Un’ultima possibile spiegazione è quella filosofica: vogliamo sempre di più perchè siamo alla ricerca del senso della vita, e pensiamo che lo possiamo trovare nel possesso o nell’esperienza di qualcosa che ci renda felici. Questo può essere dovuto a diversi motivi: curiosità, creatività, aspirazione, spiritualità. In questo caso, il desiderio di più è una forma di esplorazione o di espressione del nostro potenziale umano, che però non tiene conto della complessità e della relatività della felicità.

Come possiamo allora uscire da questa spirale del sempre più? Come possiamo trovare un equilibrio tra il nostro desiderio e la nostra realtà? Come possiamo essere felici con quello che abbiamo?

Non ho una risposta definitiva a queste domande, ma credo che ci siano alcune possibili strade da seguire:

  • Riconoscere e apprezzare quello che abbiamo: invece di focalizzarci su quello che ci manca o su quello che vorremmo avere, potremmo concentrarci su quello che abbiamo già, e renderci conto di quanto siamo fortunati e grati. Questo ci aiuterebbe a ridurre l’insoddisfazione e l’invidia, e ad aumentare l’autostima e la gioia.
  • Ridurre e semplificare quello che vogliamo: invece di cercare sempre di più, potremmo cercare solo quello che ci serve davvero, e liberarci da tutto quello che è superfluo o dannoso. Questo ci aiuterebbe a ridurre lo stress e lo spreco, e ad aumentare la qualità e l’efficienza.
  • Condividere e cooperare con gli altri: invece di competere o sfruttare gli altri per ottenere di più, potremmo collaborare o aiutare gli altri a ottenere quello che gli serve. Questo ci aiuterebbe a ridurre le disuguaglianze e i conflitti, e ad aumentare la solidarietà e la pace.
  • Cercare e coltivare il senso della vita: invece di affidare la nostra felicità a qualcosa di esterno o di materiale, potremmo cercare e coltivare il senso della nostra vita in qualcosa di interno o di spirituale. Questo ci aiuterebbe a ridurre la dipendenza e la frustrazione, e ad aumentare la libertà e la soddisfazione.

Queste sono solo alcune idee, che non pretendono di essere definitive o universali, ma solo di stimolare una riflessione personale e collettiva su un tema così importante e attuale. Spero che possano essere utili a chi legge, e che possano contribuire a creare un mondo migliore per tutti.

Foto: Karolina Grabowska

Il paradosso di Easterlin: perché la felicità non dipende dalla ricchezza

Il paradosso easterlin è un concetto che esplora la relazione tra reddito e felicità, introdotto nel 1974 dall’economista americano Richard Easterlin. Secondo questo paradosso, la felicità delle persone dipende molto poco dalle variazioni di reddito e di ricchezza nel corso della vita, e anzi tende a diminuire dopo aver raggiunto un certo livello di benessere economico.

Per capire meglio questo paradosso, possiamo fare due tipi di confronti: tra paesi diversi e tra persone dello stesso paese. A livello globale, i paesi con gli abitanti più ricchi non sono necessariamente i più felici, e viceversa. Questo significa che non esiste una correlazione diretta tra il prodotto interno lordo (PIL) di una nazione e il benessere soggettivo dei suoi cittadini.

A livello individuale, invece, le persone con maggiori entrate economiche tendono a essere più felici di quelle con minori entrate, ma solo fino a un certo punto. Questo perché la percezione del proprio reddito è influenzata dal confronto con le persone che ci circondano. Se viviamo in una società dove tutti hanno un reddito simile al nostro, ci sentiremo soddisfatti della nostra situazione. Ma se vediamo che altri hanno un reddito molto più alto del nostro, ci sentiremo frustrati e insoddisfatti, anche se il nostro reddito è sufficiente a coprire i nostri bisogni.

Il paradosso easterlin ci mostra quindi che la felicità non dipende solo dal denaro, ma anche da altri fattori come le aspettative, le aspirazioni, i valori, le relazioni sociali, la salute, la cultura e l’ambiente. Questi fattori possono avere un impatto maggiore sulla nostra qualità della vita rispetto al semplice potere d’acquisto.

Il paradosso easterlin ha sollevato molte domande e dibattiti nel campo dell’economia e della psicologia, e ha stimolato la ricerca di nuovi indicatori per misurare il progresso e lo sviluppo delle società. Alcuni esempi sono l’indice di sviluppo umano (ISU), l’indice di felicità interna lorda (IFIL) e l’indice di benessere economico sostenibile (IBES).

In conclusione, il paradosso easterlin ci invita a riflettere sul significato della felicità e sul ruolo del denaro nella nostra vita. Ci ricorda che non esiste una formula universale per essere felici, ma che dobbiamo trovare il nostro equilibrio personale tra le diverse dimensioni del nostro benessere.

Foto: Puwadon Sang-ngern