Ecco perchè non sei felice

di Sergio Amodei

La felicità è una condizione soggettiva e relativa, che dipende da molti fattori interni ed esterni. Non esiste una formula magica per essere felici, ma ci sono alcune strategie che possiamo adottare per avvicinarci a questo obiettivo.

Innanzitutto, dobbiamo accettare noi stessi e la nostra realtà, senza confrontarci continuamente con gli altri o con i nostri ideali irraggiungibili. Ognuno di noi ha dei pregi e dei difetti, delle risorse e dei limiti, delle opportunità e delle sfide. Dobbiamo riconoscere i nostri valori e i nostri bisogni, e cercare di soddisfarli nel modo più autentico e coerente possibile.

In secondo luogo, dobbiamo coltivare le relazioni positive con le persone che ci vogliono bene e che ci fanno stare bene. La felicità è spesso condivisa, e avere dei legami affettivi significativi ci aiuta a sentirci appartenenti, supportati e compresi. Dobbiamo esprimere i nostri sentimenti e le nostre emozioni, ascoltare e rispettare quelli degli altri, e impegnarci a costruire una comunicazione efficace e empatica.

In terzo luogo, dobbiamo trovare un senso alla nostra vita, un motivo per cui alzarci la mattina e affrontare le sfide quotidiane. La felicità non è solo una questione di piacere, ma anche di significato. Dobbiamo scoprire quali sono le nostre passioni e i nostri talenti, e dedicare del tempo a svilupparli e a metterli al servizio degli altri. Dobbiamo anche avere dei progetti e degli obiettivi che ci motivino e ci stimolino a crescere e a migliorare.

Infine, dobbiamo prenderci cura della nostra salute fisica e mentale, che sono strettamente connesse alla nostra felicità. Dobbiamo adottare uno stile di vita sano, che preveda una dieta equilibrata, una regolare attività fisica, un adeguato riposo e una moderata gestione dello stress. Dobbiamo anche sviluppare delle abitudini positive, come la gratitudine, l’ottimismo, la resilienza e la mindfulness, che ci aiutano a vivere il presente con consapevolezza e apprezzamento.

Queste sono solo alcune delle possibili strategie per essere più felici. Ovviamente, non sono sufficienti da sole, né garantiscono una felicità permanente e incondizionata. La felicità è un processo dinamico e personale, che richiede impegno, flessibilità e adattamento. Non dobbiamo cercare la felicità come un fine ultimo, ma come un effetto collaterale di una vita piena di senso.

Foto: Sergio amodei

Portulaca: ti spiego cos’è e come si usa

La portulaca, nota anche come porcellana o erba grassa, è una pianta spontanea che cresce in tutta Italia, soprattutto in ambienti aridi e rocciosi. È una pianta succulenta, con fusti rossi e foglie carnose, che fiorisce con piccoli fiori gialli. La portulaca è commestibile e ha molte proprietà benefiche per la salute: è ricca di acidi grassi omega-3, vitamina C, potassio, magnesio e antiossidanti. Inoltre, ha effetti depurativi, dissetanti, diuretici e antidiabetici.

La portulaca si può consumare cruda in insalata, oppure cotta in zuppe, torte salate, frittate o contorni. Ha un sapore fresco e acidulo, che si sposa bene con altri ingredienti come pomodori, cetrioli, formaggi freschi o uova. In alcune regioni italiane, come il Lazio e la Sicilia, la portulaca fa parte della tradizione culinaria e viene usata per preparare piatti tipici come la misticanza romana o la caponata siciliana.

In questo articolo vi proponiamo due ricette semplici e gustose per usare la portulaca in cucina: una tortilla di portulaca e una insalata di portulaca. Entrambe le ricette sono adatte a una dieta vegetariana e sono ideali per un pranzo leggero e nutriente.

Tortilla di portulaca

Ingredienti per 4 persone:

  • 300 g di portulaca
  • 6 uova
  • 100 g di formaggio fresco (tipo ricotta o feta)
  • sale e pepe
  • olio extravergine di oliva

Preparazione:

  • Lavate bene la portulaca e tagliatela a pezzi piccoli.
  • Sbattete le uova in una ciotola con un pizzico di sale e pepe.
  • Sbriciolate il formaggio fresco e aggiungetelo alle uova.
  • Scaldate un filo di olio in una padella antiaderente e versatevi il composto di uova e formaggio.
  • Distribuitevi sopra la portulaca in modo uniforme.
  • Cuocete la tortilla a fuoco medio-basso per circa 15 minuti, girandola a metà cottura con l’aiuto di un piatto.
  • Servite la tortilla calda o tiepida, accompagnata da una insalata verde.

Insalata di portulaca

Ingredienti per 4 persone:

  • 200 g di portulaca
  • 2 pomodori maturi
  • 1 cetriolo
  • 1 cipolla rossa
  • succo di limone
  • sale e pepe
  • olio extravergine di oliva

Preparazione:

  • Lavate bene la portulaca e tagliatela a pezzi piccoli.
  • Lavate i pomodori e il cetriolo e tagliateli a cubetti.
  • Pelate la cipolla e affettatela sottilmente.
  • Mettete tutti gli ingredienti in una insalatiera e conditeli con succo di limone, sale, pepe e olio a piacere.
  • Mescolate bene l’insalata e lasciatela riposare in frigo per almeno mezz’ora prima di servirla.

Alla scoperta di Tristan da Cunha: l’isola più remota mai vista!

di Sergio Amodei

Conosci l’isola “Tristan da Cunha“? Si tratta della più remota isola abitata del mondo, situata nell’Oceano Atlantico meridionale, a circa 2400 km dalla costa africana e a 3300 km dal Sud America. Un luogo di una bellezza selvaggia e incontaminata, dove vivono solo 250 persone, discendenti di marinai, coloni e naufraghi. Un luogo dove non esistono aeroporti, alberghi, ristoranti, negozi o internet. Un luogo dove il tempo sembra essersi fermato.

In questo articolo vi racconterò di Tristan da Cunha, vi svelerò come si arriva in questo paradiso isolato, cosa si può fare e vedere sull’isola, come sono le persone che la abitano e quali sono le loro tradizioni e sfide. Vi assicuro che rimarrete affascinati da questo mondo a parte, così diverso da quello a cui siamo abituati.

Per raggiungere Tristan da Cunha bisogna avere molta pazienza e spirito di adattamento. Infatti, l’unico modo per arrivarci è via mare, con una nave che parte da Città del Capo, in Sudafrica, e impiega circa sei giorni per coprire i 2800 km di distanza. La nave si chiama MV Edinburgh ed è l’unica linea di collegamento tra l’isola e il continente. Ogni anno effettua solo otto viaggi di andata e ritorno, portando con sé merci, posta e passeggeri. Il costo del biglietto è di circa 800 euro a persona, ma bisogna prenotare con largo anticipo e sperare che le condizioni meteo siano favorevoli. Infatti, la nave può attraccare solo in una piccola baia chiamata Calshot Harbour, dove c’è un molo galleggiante che permette lo sbarco dei visitatori. Se il mare è troppo mosso o il vento troppo forte, la nave deve aspettare al largo o ripartire senza fermarsi.

Una volta sbarcati sull’isola, bisogna trovare un alloggio presso una delle famiglie locali, che offrono ospitalità a pagamento ai pochi turisti che arrivano. Non aspettatevi il lusso o il comfort: le case sono semplici e spartane, ma pulite e accoglienti. La maggior parte delle famiglie ha l’elettricità, ma non il riscaldamento o l’acqua calda. Il cibo è basato su quello che si produce sull’isola: patate, cavoli, carote, uova, latte, formaggio, pesce e carne di pecora o di mucca. Non ci sono frutta o verdura esotiche, né alcolici o bibite gassate. Il pane è fatto in casa e il caffè è solubile. Tutto il resto deve essere importato dalla nave e costa molto caro.

Ma cosa si può fare sull’isola? Innanzitutto, bisogna ammirare il paesaggio mozzafiato che la circonda: l’isola è di origine vulcanica e ha una forma circolare, con un diametro di circa 10 km. Al centro si erge il Queen Mary’s Peak, un cono vulcanico alto 2062 metri, coperto di neve per gran parte dell’anno. Intorno all’isola ci sono altre sette isole minori, anch’esse vulcaniche e disabitate, che formano la Riserva Naturale di Gough e Inaccessible Island, dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO nel 1995. Queste isole ospitano una ricca biodiversità di specie endemiche di piante e animali, tra cui uccelli marini come l’albatros reale del sud (il più grande albatros del mondo), il pinguino macaroni e il fraticello dell’Atlantico (il più piccolo uccello marino del mondo).

Per esplorare l’isola si possono fare delle escursioni a piedi, seguendo dei sentieri segnalati che conducono a vari punti di interesse. Si può salire fino alla cima del Queen Mary’s Peak, da dove si gode una vista spettacolare sull’isola e sulle isole vicine. Si può visitare il vulcano del 1961, che eruttò a sud-ovest dell’isola e creò una nuova penisola di lava, chiamata The Point. Si può camminare lungo la costa rocciosa e scoprire delle spiagge nascoste, come Sandy Point o Hottentot Beach. Si può anche fare del kayak o della pesca, ma bisogna stare attenti alle correnti e agli squali.

L’isola ha un solo villaggio, chiamato Edinburgh of the Seven Seas, situato nella parte nord dell’isola. Qui si trovano tutti i servizi essenziali: una scuola, una chiesa, un ospedale, un ufficio postale, un museo, un negozio, un bar, una sala da biliardo, una palestra e una piscina. Il villaggio ha anche una pista da bowling all’aperto e un campo da golf a nove buche. Il villaggio è molto tranquillo e ordinato, con le case colorate e i giardini fioriti. Le strade sono asfaltate e illuminate, ma non ci sono semafori o cartelli stradali. Le auto sono poche e si guidano a sinistra, come nel Regno Unito.

Ma la vera attrazione dell’isola sono le persone che la abitano: i Tristanians. Si tratta di una comunità unica al mondo, formata da 250 persone che appartengono a otto famiglie principali: Glass, Green, Hagan, Lavarello, Repetto, Rogers, Swain e Patterson. Tutti hanno origini miste tra inglesi, scozzesi, irlandesi, italiani e americani. Tutti parlano inglese con un forte accento e usano alcune parole proprie del loro dialetto. Tutti sono cristiani anglicani e seguono le feste religiose e civili del calendario britannico. Tutti sono cittadini britannici e riconoscono la regina Elisabetta II come capo di stato.

I Tristanians sono persone cordiali e ospitali, ma anche riservate e orgogliose della loro identità. Vivono in armonia tra loro e con la natura che li circonda. Non conoscono la violenza, il crimine o la povertà. Non hanno bisogno di soldi per vivere: si scambiano i beni e i servizi tra loro e usano la sterlina solo per comprare quello che arriva dalla nave. Non hanno nemmeno bisogno di orologi: si regolano sul ritmo del sole e delle stagioni. Hanno una vita semplice ma soddisfacente, fatta di lavoro, famiglia e divertimento.

Il lavoro principale sull’isola è l’agricoltura: ogni famiglia ha un appezzamento di terra dove coltiva patate (la base dell’alimentazione locale) e altre verdure. Ogni famiglia ha anche delle pecore e delle mucche che pascolano liberamente sull’isola e forniscono carne, latte e lana. Il lavoro secondario è la pesca: ogni uomo ha una barca con cui va a pescare l’aragosta (la principale fonte di reddito dell’isola) o altri pesci come il tonno o il merluzzo. Il lavoro terziario è il turismo: ogni famiglia offre alloggio e pasti ai visitatori che arrivano dalla nave.

La famiglia è il nucleo fondamentale della società tristaniana: ogni famiglia è composta da genitori, figli, nipoti e bisnipoti che vivono sotto lo stesso tetto o nelle vicinanze. Le famiglie sono numerose e unite: si aiutano tra loro nelle attività quotidiane e si riuniscono per le occasioni speciali. Le famiglie sono anche aperte ad accogliere nuovi membri: spesso alcuni tristaniani si sposano con persone provenienti dall’esterno dell’isola (soprattutto dal Sudafrica o dal Regno Unito) e li portano a vivere con loro.

Foto: Kasra Hosseini