Aspartame: cos’è? Fa male?

di Sergio Amodei

L’aspartame è un dolcificante artificiale che viene usato in molti prodotti alimentari, come bevande, yogurt, dolci e gomme da masticare. Ha un potere edulcorante molto elevato, circa 200 volte superiore a quello dello zucchero comune, e un apporto calorico simile a quello delle proteine.

L’aspartame è stato scoperto per caso nel 1965 da un chimico che lavorava per una società farmaceutica. Da allora, è stato sottoposto a numerosi studi e test per valutarne la sicurezza e gli effetti sulla salute. La maggior parte delle autorità sanitarie, come la Food and Drug Administration (FDA) statunitense e l’Unione europea, hanno approvato l’uso dell’aspartame come additivo alimentare e hanno stabilito un livello di assunzione giornaliera accettabile di 40 mg/kg di peso corporeo.

Tuttavia, l’aspartame ha suscitato anche molte polemiche e critiche da parte di alcuni scienziati, medici e consumatori, che lo ritengono dannoso per la salute e responsabile di vari disturbi, come mal di testa, allergie, epilessia, tumori, obesità e malattie neurodegenerative. Queste accuse si basano su studi sperimentali condotti su animali o su casi clinici isolati, che non sono stati confermati da ricerche più ampie e rigorose.

L’aspartame è una sostanza stabile a basse temperature e in condizioni di scarsa umidità, ma tende a degradarsi quando viene esposto al calore o alla luce. In particolare, si trasforma in acido aspartico, fenilalanina e metanolo, che sono sostanze naturalmente presenti nel corpo umano o negli alimenti. Il metanolo è una sostanza tossica che può causare danni al sistema nervoso e alla vista se assunto in dosi elevate. Tuttavia, la quantità di metanolo prodotta dall’aspartame è molto inferiore a quella che si trova in alcuni frutti o bevande alcoliche.

L’unica controindicazione all’uso dell’aspartame riguarda le persone affette da fenilchetonuria, una malattia genetica rara che impedisce il metabolismo della fenilalanina. Queste persone devono seguire una dieta povera di questo amminoacido e quindi evitare l’aspartame e altri prodotti che lo contengono. Per questo motivo, le etichette degli alimenti con aspartame devono riportare l’avvertenza “contiene una fonte di fenilalanina”.

In conclusione, l’aspartame è un dolcificante sicuro se consumato entro i limiti stabiliti dalle autorità sanitarie e se non si soffre di PKU. Non esistono prove scientifiche solide che dimostrino che l’aspartame sia nocivo per la salute o che causi malattie gravi. Tuttavia, come per qualsiasi altro additivo alimentare, è consigliabile usarlo con moderazione e preferire sempre gli alimenti naturali e non trasformati.

Foto: Sergio Amodei

Obsolescenza programmata: è vero che gli elettrodomestici sono programmati per rompersi?

di Sergio Amodei

L’obsolescenza programmata è una pratica commerciale che consiste nel limitare artificialmente la durata di un prodotto, rendendolo inutilizzabile o obsoleto dopo un certo periodo di tempo. Lo scopo è quello di stimolare la domanda e le vendite di nuovi modelli, aumentando così i profitti delle aziende produttrici.

Questa strategia ha origini storiche: già nel 1924, il Cartello Phoebus, che riuniva i principali produttori di lampadine, stabilì di ridurre la vita media delle lampadine a 1000 ore, anche se erano in grado di durare molto di più. Negli anni Trenta, la DuPont indebolì la fibra di nylon per creare calze da donna meno resistenti. Negli anni Cinquanta, il designer Brooks Stevens coniò il termine “obsolescenza pianificata” per indicare l’arte di “stimolare nell’acquirente il desiderio di comprare qualcosa di appena un po’ più nuovo e un po’ prima di quanto sia necessario”.

Oggi, l’obsolescenza programmata è diffusa soprattutto nel settore dell’elettronica e dell’informatica, dove i prodotti diventano rapidamente superati dagli aggiornamenti software, dalle nuove applicazioni o dalle innovazioni tecnologiche. Alcuni esempi sono gli smartphone, i computer, le stampanti e gli elettrodomestici. Spesso, questi prodotti sono progettati in modo da rendere difficile o impossibile la riparazione, la sostituzione dei componenti o il riciclaggio.

L’obsolescenza programmata ha conseguenze negative sia per i consumatori che per l’ambiente. I consumatori sono costretti a spendere più soldi per acquistare nuovi prodotti e a rinunciare a quelli ancora funzionanti ma non più compatibili o supportati. L’ambiente subisce l’impatto della produzione e dello smaltimento di enormi quantità di rifiuti elettronici, che contengono sostanze tossiche e inquinanti.

Per contrastare l’obsolescenza programmata, sono state avviate diverse iniziative a livello europeo e nazionale. L’Unione Europea ha introdotto nel 2019 un nuovo regolamento che impone ai produttori di garantire la riparabilità e la riciclabilità dei loro prodotti, fornendo informazioni chiare sui materiali utilizzati, sulla disponibilità dei pezzi di ricambio e sulla durata della garanzia. Inoltre, ha promosso il concetto di economia circolare, basato sul riutilizzo, il recupero e il riciclo dei materiali.

Anche in Italia sono state adottate alcune misure per tutelare i consumatori e l’ambiente dall’obsolescenza programmata. Tra queste, la legge n. 221 del 2015 che prevede l’estensione della garanzia legale da due a quattro anni per i beni durevoli (come gli elettrodomestici) e l’introduzione del reato di obsolescenza programmata nel codice penale. Inoltre, sono state avviate campagne di sensibilizzazione e informazione sui diritti dei consumatori e sulle buone pratiche per ridurre i rifiuti elettronici.

L’obsolescenza programmata è un fenomeno complesso che richiede una presa di coscienza collettiva e una collaborazione tra tutti gli attori coinvolti: produttori, consumatori, istituzioni e associazioni. Solo così sarà possibile garantire una maggiore qualità dei prodotti, una maggiore tutela dei consumatori e una maggiore sostenibilità ambientale.